martedì 20 novembre 2007

I nostri soldi .. ben spesi!

La Direttiva 60/2000 dell’Unione Europea recita: “..l’acqua non è un prodotto commerciale, bensì un patrimonio che va protetto“.

L’incultura dell’acqua in Italia, porta a consumare 170 litri di acqua imbottigliata per abitante all’anno, contro una media europea di 85 ed una mondiale di 15, equivalenti a 5 miliardi di contenitori plastici che si trasformano in 100.000 tonnellate/anno di rifiuto urbano.

L’acqua imbottigliata, assoggettata a regimi di controlli spesso lacunosi, ha un costo tra 30 e 50 centesimi, cui si sommano i costi di smaltimento del contenitore, mentre 1.000 litri di acqua da acquedotto, più controllata sul piano chimico-batteriologico, non costano più di 1 euro.

Gli italiani dichiarano che alla base di questo paradosso c’è la convinzione che l’acqua imbottigliata sia più sicura ( 51% ), più “buona” (35%), meno “dura” (14% ).

L’acqua non è una merce.”
Ripetetelo allo specchio ogni mattina: vi darà consapevolezza.
I numeri parlano e ci sussurrano dati che non vogliamo ascoltare.
Un miliardo di persone non ha acqua potabile.
Un milione e ottocentomila bambini muoiono ogni anno per malattie causate dall’acqua inquinata.
Dove va l’acqua? Una tazza di caffè richiede 140 litri di acqua, un paio di jeans 11.000 litri, un’automobile 400.000 litri.
E solo il 3% dell’acqua del pianeta è potabile.

In Italia l’acqua è una risorsa finanziaria e, quindi, viene privatizzata.
Un bene primario si è trasformato in azioni, in asset, in profitto.
L’acqua deve restare in mani pubbliche, le nostre mani.

Il caso di Cesano Boscone:




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